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Quota 100, sul TFR dei Dipendenti Statali sorgono problemi?

lentepubblica.it • 15 Gennaio 2019

quota-100-tfr-dipendenti-stataliQuota 100, sul TFR dei Dipendenti Statali spuntano nuove criticità. Il decreto su “quota 100” per le pensioni, infatti, ha questo grande nodo ancora da sciogliere.


Quota 100 TFR, dipendenti statali. La tanto attesa Quota 100 potrebbe portare importanti novità in merito dal lato pensionistico. D’altro canto potrebbero sorgere novità anche non del tutto positive dal lato della liquidazione del TFR dei Dipendenti Pubblici. Ecco un riepilogo su cosa potrebbe cambiare.

 

La bozza del Decreto Legge

C’è in particolare:

  • la quota 100 con 62 anni e 38 anni di contributi (per tutti i lavoratori assicurati presso l’Inps, pubblici, dipendenti ed autonomi) per il triennio 2019-2021 (senza penalità sulla misura della pensione o tetti alla contribuzione figurativa);
  • lo stop retroattivo e definitivo agli adeguamenti alla speranza di vita delle pensioni anticipate (con 42 anni e 10 mesi di contributi, 41 anni e 10 mesi le donne; 41 anni i precoci).

 

Alla prima lettura del testo emerge subito che ai fini della quota 100, o meglio al perfezionamento dei 38 anni di contributi, si potrà cumulare la contribuzione mista nelle sole gestioni previdenziali pubbliche (resterebbe esclusa in particolare la contribuzione nelle casse previdenziali private che, invece, resta cumulabile ai fini della pensione anticipata e di quella di vecchiaia).

 

Per un’analisi completa potete consultare questo articolo.

 

Il decreto su quota 100 dovrebbe essere approvato giovedì dal Consiglio dei ministri, ma alcune questioni sono ancora irrisolte, a cominciare dal problema del Tfr (o del Tfs) agli statali.

 

Quota 100 e TFR Dipendenti Statali

 

Tra i fattori, infatti, che hanno fatto slittare l’approvazione definitiva in Consiglio dei ministri del decreto su quota 100 e sul reddito di cittadinanza c’è un nodo che riguarda il provvedimento sulle pensioni anticipate.

 

La bozza di decreto per ora approntata dal governo prevede infatti che

 

“ai dipendenti pubblici che andranno in pensione con quota 100 il trattamento di fine rapporto venga corrisposto al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione”.

 

In altri termini, un dipendente statale potrebbe dovere attendere fino a cinque anni prima di mettere le mani sulla propria liquidazione.

 

Da quest’anno quota 100 permette di andare in pensione al più presto a 62 anni. Mentre l’età minima per la pensione di vecchiaia è salita 67 anni. Pertanto gli statali rischiano di dover aspettare fino a sette anni prima di ricevere il Tfr.

 

Infine, una parte degli interessi bancari sarebbero a carico dei dipendenti. Questa ipotesi ha scatenato l’ira dei sindacati:

 

“Se l’idea fosse quella di far pagare ai lavoratori l’onere connesso all’anticipazione della liquidazione maturata, per far fronte al differimento dei pagamento dei trattamenti dovuti – ha detto Maurizio Petriccioli, segretario generale della Fp Cisl – la nostra valutazione sarebbe senz’altro negativa”.

 

Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it
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